Una fiaba


Questa fiaba è dedicata al mio amico Vito Vona, fratello di sofferenze e di coraggio:


LA FIABA DI VITO E IL GABBIANO FRASTORNATO

Foto di Vito Vona

C’era una volta un ragazzo di nome Vito che spesso non dormiva la notte. Amava uscire di casa alle prime ore del giorno e arrivare fino alla spiaggia, dove poteva mettersi in attesa di uno spettacolo meraviglioso: il sorgere del sole dall’orizzonte del mare.
La vita di questo ragazzo era stata bella e piena di tantissime cose, fino a un momento in cui tutto era cambiato. Per un destino inatteso, Vito si era ritrovato di colpo a trascorrere tanto tempo da solo, in compagnia dei propri pensieri.
Aspettare l’alba sul mare era diventato per lui un appuntamento fisso. Una cosa così bella lo emozionava, gli faceva amare la vita e gli piaceva anche condividere questo momento con le altre persone, scattando foto e pubblicandole sul web, come regalo per riscaldare le giornate di chi magari si sentiva solo o viveva lontano da uno spettacolo così straordinario.
Anche quella mattina Vito era sceso presto, camminando verso la spiaggia, portando con sé due pesi: uno era lo zainetto dal quale non poteva separarsi e che conteneva la sua fonte di energia quotidiana, l’altro era il peso nel cuore che da tanto lo accompagnava nella sua vita.
Come spesso capitava, ben presto si trovò circondato da tanti gabbiani che gli volavano intorno. Il ragazzo li guardava e invidiava la loro libertà, la possibilità che avevano di aprire le ali e spiccare il volo andando lontano, diventando punti invisibili all’orizzonte, solcando l’acqua leggeri e quasi senza peso.
A un certo punto, si accorse che uno dei gabbiani aveva iniziato a volare in maniera atipica, come se stesse sbandando, fino ad arrivare dritto in picchiata proprio come se lo avesse preso di mira. La sua strampalata discesa per fortuna si concluse in un punto molto più distante. Vito, che si era appena ripreso dallo spavento di sentirsi bersaglio della pericolosa traiettoria del gabbiano, rimase ancora più perplesso quando udì lo stridio del volatile e si rese conto che riusciva a capire cosa stava dicendo. Era una cosa insolita, non gli era mai capitata prima…
“Per tutte le aringhe..!” disse il gabbiano. “Devo lavorare sulla frenata, non riesco mai ad atterrare come vorrei!” Poi mosse le zampette fino ad arrivare vicino al ragazzo.
Si mise davanti a lui e cominciò a osservarlo da un occhio, tenendo il capo un po’ sollevato.
“Buongiorno! Devi scusarmi se sono un po’ frastornato, ma soffro di vertigini…”
Era strano perché Vito aveva proprio la sensazione che il gabbiano stesse parlando con lui, e per questo si guardò intorno, cercando di capire se qualcun altro avesse notato quella cosa così inconsueta. Ma in quel momento non c’era quasi nessuno in spiaggia. Solo un uomo che aveva portato fuori il suo cane ed era impegnato a farlo giocare e non stava guardando dalla loro parte.
“È da tanto che ti osservo” proseguì il gabbiano “Ti vedo arrivare la mattina presto, vedo che passi del tempo qui. Mi hai colpito, ritrovo nel tuo sguardo uno struggimento difficile da spiegare. Mi accorgo che guardi lontano e indovino che nel tuo cuore ci sono sogni e desideri che non puoi realizzare perché la vita te lo ha impedito.”
Vito si stropicciò gli occhi. Ma come faceva quel gabbiano a conoscerlo così bene? A lui i gabbiani sembravano tutti uguali e non si era mai accorto che uno di loro lo avesse osservato così attentamente. Come se poi fosse normale che un gabbiano si mettesse a riflettere sulle abitudini di un essere umano… Era assurdo, forse stava sognando e presto si sarebbe svegliato nel calore del suo letto, sotto le coperte. Tante volte nella sua vita aveva immaginato di potersi svegliare dal brutto sogno in cui era finito, ma nonostante i suoi sforzi questo non era stato possibile. Ora invece era quella situazione così singolare a fargli immaginare di essere in un mondo onirico.
Eppure il gabbiano continuava a parlare con lui e a fissarlo con quello strano occhio rotondo, così pieno di curiosità.
“Oggi voglio ascoltarti, mi fermerò un po’ con te. Parlami del perché vieni qui, cosa cerchi guardando lontano nel mare?”
Il ragazzo si sentì l’anima sussultare dentro. Come era difficile parlare, raccontare quello che si agitava nel suo cuore… Ma ci avrebbe provato, il gabbiano era lì fermo ad attendere le sue risposte e non sembrava intenzionato ad andare via…
“Vengo qui per riempire un vuoto, non ho più la vita che avevo prima. Qualcuno se l’è portata via, assieme al mio stomaco. Mi sono ripreso un pochino, ma la mia mente sogna ancora di andare lontano, di fare tante cose e sa che questo oggi non è possibile.”
Il gabbiano lo guardò a lungo e poi girò il capo dall’altro lato e lo guardò anche con l’altro occhio, come per studiarlo. Infine lo osservò con entrambi gli occhi mettendosi proprio di fronte a lui. Ma Vito non aveva finito di parlare:
“La luce che trovo qui consola il mio dolore, mi fa sentire vivo anche se non si può tornare indietro…” continuò.
Il gabbiano riprese ad emettere suoni che la mente del ragazzo trasformava in parole di senso compiuto.
“Tu sei anche convinto di essere più sfortunato delle altre persone, vero? Perché loro continuano ad avere la loro vita normale e tu no. Ma io posso fare qualcosa per aiutarti a capire. Domani mattina tornerò qui. Aspettami, non andartene prima che io sia arrivato.”
La mattina dopo Vito scese come sempre prima del sorgere del sole. La temperatura era bassa e il ragazzo si strinse nella felpa. Aveva sempre freddo. Sperò di riuscire subito a riconoscere il suo gabbiano.

All’inizio gli sembrò di attendere invano, il sole aveva già inondato con la sua luce calda il mare e il cielo e Vito era ancora da solo. Poi avvertì un rumore simile a una pallottola sparata nella sabbia e comprese che il gabbiano era arrivato, sempre con uno dei suoi improbabili atterraggi. Stavolta però aveva nel becco un qualcosa che luccicava, era una specie di vetro rotondo, come la lente di un occhiale.
“Scusami per l’atterraggio un po’ brusco, ma sai…”
“Sì, soffri di vertigini. Me lo ricordo.” continuò per lui Vito.
“Esatto, bravo! Ti ho portato un regalo” disse. “Tienilo con cura perché è un oggetto speciale. L’ho raccolto in un vecchio peschereccio e ho capito subito che era un artefatto magico…”
Vito prese il vetro che il gabbiano aveva lasciato cadere sulla sabbia davanti a loro. Lo guardò bene ma non riuscì a capire cosa avesse di magico.
“Spiegami” disse al gabbiano. “Non capisco cosa possa avere di speciale un vetro…”
“Questo vetro ti consente di vedere l’anima delle persone per una decina di secondi. Non vedrai i loro pensieri ovviamente, ma solo il colore della loro anima. Dovrai guardarli attraverso il vetro e vedrai il colore che hanno dentro. Ti darò comunque un’indicazione: molte persone hanno un colore verde o blu, sono le persone che non stanno bene con se stesse, provano sentimenti di invidia, rancori o tristezza. Alcune persone hanno un colore giallo, sono persone che sono in bilico tra benessere e malessere. I più rari sono quelli dal colore rosso. Sono le persone felici perché hanno trovato un senso da dare alla loro vita…”
“Capito” rispose Vito. “Ma come farò a osservare le persone senza farmi notare? Non penso sarà facile.”
“Ma insomma, ti devo insegnare tutto?” sospirò il gabbiano spazientito. “Nascondi il vetro vicino al cellulare e fingi di scattare foto come fai sempre.”
“Hai ragione, non ci avevo pensato. Posso iniziare subito?”
“Certo. Io adesso vado e tornerò domani così mi racconterai come è andata…”
Quando il gabbiano sparì all’orizzonte, Vito cominciò subito a osservare le persone e si accorse che tante, tantissime di loro, erano contraddistinte dal verde o dal blu. Ogni tanto passava qualcuno che era giallo. Poi vide passare una meravigliosa bimba bionda, per mano alla sua mamma, e il suo colore era il viola. Chissà a cosa corrispondeva. Il gabbiano non gli aveva detto nulla riguardo quel colore.
Quella notte Vito ripensò alle persone che aveva visto lungo tutta la mattina, quanti colori freddi, quanta tristezza e insoddisfazione negli esseri umani… Questa cosa lo aveva colpito molto. Poi si rese conto che non sapeva quale fosse invece il suo colore. Provò a guardare nel vetro attraverso uno specchio, ma niente, non riusciva a visualizzarlo. Così rimase con questa forte curiosità e decise che il giorno dopo lo avrebbe chiesto al gabbiano, sperando di scampare a uno dei suoi atterraggi spericolati.
Si incontrarono di nuovo la mattina dopo in spiaggia. Stavolta l’atterraggio fu migliore dei precedenti e Vito si sentì più tranquillo.
“Ciao, come è andata?” chiese il gabbiano.
“Ho osservato tante persone” rispose Vito.
“E di che colore erano?”
“Quasi tutte verde o blu”.
“E lo sai questo che vuol dire?”
“Un’idea me la sono fatta…”.
“Dillo, vediamo se hai capito.”
“Che tante persone non sono felici.”
“Vedi che non sei solo tu?”
“Hai ragione. Ah e ho visto anche una bambina viola. Che voleva dire? Non mi hai spiegato questo colore”
“Viola è il colore delle persone che rimarranno poco su questa Terra, non te l’ho detto per non rattristarti.”
Vito rimase senza parole al pensiero.
“Ma era una bambina…”
“Ci sono tante sofferenze nel mondo, non solo le tue. Non voglio sminuire quello che hai vissuto, ma ricorda che tante persone portano un peso più grande di quello che chiunque dovrebbe sopportare…”
Vito rimase in silenzio. Si sentiva quasi in colpa. In fondo lui aveva tante cose per le quali poteva ancora essere felice, una moglie e un figlio bellissimo.
“Ho ancora una cosa da chiederti”.
“Dimmi.”
“Voglio sapere io di che colore sono.”
“Non te lo posso dire.”
“Perché? Io ho bisogno di saperlo…”
“Per quale ragione?”
“Sono ancora giovane e ho perso la mia vita, inseguo sogni che non possono realizzarsi, spesso mi aggrappo al rumore delle onde di questo mare e ai colori dell’alba per sentirmi ancora vivo… Voglio conoscere il mio colore per capire se la mia vita potrà ancora avere un senso.”
Il gabbiano rovinò fragorosamente sull’ala sinistra, piegandosi come un sacco di sabbia svuotato.
Vito si preoccupò.
“Che hai, stai male??”
“N..no” rispose il gabbiano rimettendosi in piedi con un frullo d’ali. “È che quando mi emoziono, non riesco a mantenere l’equilibrio e le tue parole mi hanno commosso… Sai, le mie vertigini… Comunque va bene, mi hai convinto, ti spiegherò come potrai fare per vedere il tuo colore. Tieni il vetro qualche minuto vicino al tuo cuore, fallo scaldare e poi giralo al contrario di come lo vedi. Solo così potrai vedere il tuo colore.”
Vito fu felice di ricevere quella spiegazione.
“Voglio provare subito” disse ed eseguì quanto il gabbiano gli aveva suggerito.
Ed ecco che il vetro rotondo prese lentamente colore e divenne giallo ocra intenso.
“È giallo scuro, cosa significa?” chiese Vito con gli occhi pieni di curiosità.
“Vuol dire che sei sulla buona strada per diventare una delle rare persone che hanno un colore rosso. Ci vorrà un po’ di tempo. Dovrai imparare a bilanciare le cose positive che hai nella vita, come l’amore per la tua famiglia, la generosità nel tuo cuore, con le cose che tormentano la tua anima come la rabbia e lo sconforto. Se troverai un modo per far prevalere gli aspetti migliori, pian piano il tuo giallo ocra diventerà sempre più scuro fino a mutarsi in rosso … Non mi vedrai più fino a quel giorno. Credo ormai di averti fatto capire cosa devi fare.”
Vito rimase in silenzio. Avrebbe scommesso di essere anche lui una persona dall’anima verde o blu, invece il suo colore era il giallo ocra. Forse non tutto era perduto. Avrebbe dovuto lavorare su se stesso e fare un grande sforzo. Ma le sfide gli piacevano e avrebbe potuto farcela.
Immerso in questi pensieri non si rese conto subito che il gabbiano era volato via…
Ora era rimasto solo. Chissà quando sarebbe tornato. Vito aveva la sensazione che non lo avrebbe rivisto presto.
Infatti i giorni passarono, divennero prima settimane e poi mesi. Di tanto in tanto Vito controllava il colore della sua anima e gli sembrava di un giallo sempre più scuro, anzi ormai era arancione. Faceva tantissima fatica nello sforzo di migliorare i suoi atteggiamenti, tornava ogni mattina a guardare l’alba ma del gabbiano nessuna traccia.
“Si vede che ho ancora tanto da imparare” pensava. Ma non si rendeva conto di quanto in realtà fosse cambiato.
La mattina il suo primo pensiero non era più rivolto alle sue afflizioni, ma al modo per regalare un po’ di felicità a sua moglie e a suo figlio e al desiderio di poter fare qualcosa per gli altri in difficoltà.
Era trascorso quasi un anno ed era una mattina un cui il cielo aveva un colore strano, quasi plumbeo. Vito era andato in spiaggia ma si era accorto dopo che non era il giorno giusto per accogliere l’alba. Di lì a poco, infatti, grosse gocce di pioggia avevano iniziato a cadere. Così lui aveva fatto dietrofront.
Si stava allontanando dalla spiaggia quando qualcosa che somigliava a un missile lo colpì forte sulla nuca e poi sentì un frullo d’ali. Prima ancora di girarsi, Vito mise una mano in tasca e tirò fuori il vetro. Adesso si vedeva subito anche a occhio nudo: era rosso. Sorrise, incurante del dolore al collo per la botta appena ricevuta.

©Rosanna Fiorino

5 commenti

    1. Grazie a te cara Luisa, si tratta di un piccolo dono che ho voluto fare a un amico che ho supportato, per quanto mi è stato possibile, negli ultimi due anni e che come ho scritto considero fratello di sofferenze e di coraggio. Sono molto contenta che ti sia piaciuta. Davvero. Un abbraccio speciale.

      "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.